lunedì 31 ottobre 2011

Non arriva nulla

Non sono un tipo a cui piace la via di mezzo, sono sempre passato da un estremo all'altro, se potessi forse vivrei sempre sdraiato al suolo, oppure in eterno equilibrio su una corda, di sicuro non starei appeso ad essa, preferirei lasciarmi andare e sprofondare oppure scuotermi e risalire. La vita però a volte picchia troppe forte, e per resistere ai suoi colpi bisogna adattarsi alle situazioni, a volte anche chinare il capo purtroppo, rimanere appesi per l'appunto, perché il baratro fa paura e le forze per risollevarsi mancano. In quei momenti si mette in discussione tutto quello fatto fino ad allora, i flashback iniziano a penetrarti la mente creando solo domande e non dando nessuna risposta: cosa ho fatto? Per quanto potrò andare avanti così? Qual è la via d'uscita? Niente, non arriva nulla, l'unica cosa che senti arrivare sono le braccia possenti delle tenebre, ti prendono senza lasciarti scampo e ti stringono tanto da lasciarti appena la forza per respirare. Sei nel buio e brancoli in esso, ogni passo in avanti non sai dove conduce, cerchi la luce andando avanti a tentoni, e quanti miraggi ti appaiono durante questo lento e torturato cammino, ecco sei lì, sembra che sia tutto finito e poi vedi scomparire di nuovo tutto, un'altra delusione, un'altra ferita da annotare sulle mura dell'anima, mentre il desiderio di rimanere aggrappato a quel filo di speranza diminuisce sempre più ecco che arriva la voce della tentazione: e se ti lasciassi andare? No, non è possibile, sarebbe come fuggire, i vigliacchi scappano ed io non ci tengo ad esserlo, dunque resterò in bilico fin quando potrò resistere e se propriò cadrò mi risolleverò provando ad affogare questi pensieri nell'inchiostro con cui scriverò le pagine del libro della mia rinascita, l'abisso non fa poi così paura, si può sempre uscire da esso e rinascere con qualche consapevolezza in più e con quella rabbia che diventerà forza per andare avanti con determinazione. Che male c'è nel fuggire? Nessuno, ma la fuga non è quasi mai una soluzione, è solo un modo per ritardare il momento in cui il tuo demone verrà a bussare alla porta del tuo animo, invece di pensare a come scappare sarebbe più produttivo elaborare un modo per superare certe difficoltà, anche perché non esiste un rifugio sicuro in grado di proteggerti dalle ombre del tuo cuore, non faranno altro che allungarsi fino a raggiungerti di nuovo.

martedì 25 ottobre 2011

L'inizio di una storia

Era il classico pomeriggio d'autunno, quel 18 ottobre del 2005, con quell'aria non molto fredda ma che ogni tanto riusciva a pungere. Lui era fuori la stazione ad aspettarla, non trovando posto per la macchina decise di aspettarla vicino l'uscita, lei poco dopo scese dal treno che aveva preso a Caserta, lo chiamò al cellulare e si avviò verso l'esterno per raggiungerlo. Era il loro primo appuntamento. Si incontrarono fuori la stazione di Cassino, aspettavano quel momento da un po' di tempo. L'uno andava incontro all'altra con passo teso e lento, assaporando ogni attimo, ogni respiro della fine di quell'attesa che aveva amplificato il loro desiderio di guardarsi negli occhi e di scoprirsi a vicenda. Fatti i convenevoli lui le propose di andare a prendere un caffè in un bar lì vicino. - Che ne diresti di andare a prenderci un caffè? Conosco un bar qui vicino che li fa abbastanza bene, certo non credo che qui il caffè sarà buono come a Napoli però posso assicurarti che non è male - disse lui con tono convincente, - Mi fido delle tue parole, e poi mi ci vuole proprio un bel caffè! - disse lei sorridendo. Si avviarono verso il bar, durante il breve tragitto continuarono a conversare, erano sciolti, non c'erano mai attimi di silenzio, tutti e due si sentivano a loro agio. Entrarono nel bar e si sedettero ad un tavolino, l'unico rimasto libero, chiesero due caffè normali ed iniziarono a conversare, spesso si prendevano in giro a vicenda, lui riusciva a farla ridere di gusto e a lei questo non dispiaceva, era una tipa solare, piena di vita, per nulla permalosa e con la risposta sempre pronta. Lui invece era una sorta di ossimoro vivente, allegro fuori e cupo dentro, aveva occhi così scuri che potevano far intravedere le tenebre che aveva dentro, eppure gli piaceva scherzare, fare auto ironia, un tipo che non se la tirava e sapeva come mettere le persone a proprio agio. - Senti, ma dopo dove andiamo? - chiese lei mentre frugava nella borsa. - Se ti fidi, prendiamo la mia macchina e ti porto a fare un giro dalle mie parti... - rispose lui con un po' di insicurezza, temeva che lei non si fidasse o che avesse frainteso le intenzioni. - Mi fido di nuovo, anche perché non preoccuparti so difendermi che pensi, comunque ho proprio voglia di rivedere il mare quindi andiamo! - rispose lei ridendoci su. Uscirono dal bar, mentre si avviavano verso la macchina, una Fiat Cinquecento rossa del 1994, lui si accese una sigaretta anche se sapeva che a lei questo non sarebbe proprio piaciuto, gli andò bene visto che ella si limitò a borbottargli una frase in napoletano. Entrarono in macchina e si diressero verso il mare, più precisamente verso Gaeta, lei d'estate ogni tanto con la sua famiglia andava al mare proprio da quelle parti. Ci misero poco ad arrivare, circa quaranta minuti, parcheggiarono la macchina di fronte la capitaneria di porto, una volta fatto il "grattino" per la sosta si avviarono insieme verso la passeggiata del molo. Camminavano tranquilli, punzecchiandosi di tanto in tanto mentre le loro mani si sfioravano e si cercavano come se fossero indipendenti dalle loro teste che invece tentavano di frenarle. Si scrutavano minuziosamente tra una chiacchiera e l'altra, lui notò che per i suoi gusti la tipa era un po' troppo magra, ma aveva un viso pulito e stupendo, due occhi castano scuro leggermente velati dall'ombra della tristezza, capelli lunghi, lisci e neri, una parlantina spigliata e mai banale o noiosa, colorata da una vivace e meravigliosa cadenza napoletana per cui lui ogni tanto la prendeva in giro anche se gli piaceva moltissimo ascoltare il suono di quell'accento. - La vuoi finire di prendermi in giro? Guarda che sono nata in Francia! - disse lei fingendo di essere stizzita, - Beh guarda a me fa piacere che i geni napoletani abbiano preso il sopravvento su quelli francesi, sai preferisco le italiane alle francesi! - rispose prontamente lui, lei sorrise con gusto e si avvicinò per dargli un bacio sulla guancia. Le ore passarono velocemente, tra risate, carezze affettuose prive di audacia e discorsi di tutti i tipi. Prima di andare via le chiese se poteva offrirgli un gelato o qualcosa di cui avesse voglia, ma lei rifiutò - Non preoccuparti non voglio nulla, dico davvero, grazie per il pensiero - disse lei con tono dolce ma deciso. A quel punto si avviarono a riprendere la macchina, una volta entrati lui la guardò per un paio di secondi negli occhi - Beh? Che hai da guardare? - chiese lei incuriosita, - Niente, mi va di guardarti, non posso? - rispose lui, - Certo che puoi, allora sei pronto a farti guidare fino a casa mia? - rispose lei, - Certamente, mi fido ciecamente, andiamo pure a perderci nei meandri del casertano! - disse lui sorridendo mentre metteva in moto la macchina, lei rise di gusto - Ma quanto sei scemo, non preoccuparti sono un'ottima guida! - disse lei scompigliandogli i capelli. Partirono, le loro anime ridevano, quella mezza giornata passata insieme stava per volgere al temine ma erano soddisfatti, tutti e due volevano rivedersi al più presto, - Senti ma tu come la vedi? - chiese lei, - Come vedo cosa? - rispose meravigliato lui, - Come cosa? Secondo te come andrà tra me e te? - rincalzò lei, - Mah guarda non so, per quel poco che ho visto hai le carte in regola per farmi perdere la testa... - rispose timidamente lui, - Ma a te non piacciono quelle con un bel paio di meloni davanti? - chiese lei sarcasticamente, - Si è vero, amo le curve in una donna però quello che mi fa davvero partire è il suo modo di essere, tu non avrai un seno grande, ma non sei brutta, quindi per l'aspetto fisico sei ok se è questo quello che vuoi sapere, poi non so come andrà, per ora so solo che voglio rivederti, e la prossima volta se vorrai verrò a prenderti sotto casa! - rispose tranquillamente lui, - Per essere il primo incontro ti sei sbilanciato parecchio, comunque anch'io voglio rivederti, spero che tu non ti perda quando verrai a prendermi a casa... - disse lei gesticolando con le mani, lui sorrise e le accarezzò i capelli. Dopo aver affrontato questo discorso erano tranquilli, erano convinti che l'uno voleva rivedere l'altra dopo il tempo trascorso insieme, ma prima di allora nessuno dei due si era sbilanciato a tal punto da dare qualche certezza e neanche avevano mai parlato di una prossima volta. Ora si sentivano leggeri, erano consci che si attraevano e che quell'incontro sarebbe potuto diventare l'inizio di una storia.

lunedì 10 ottobre 2011

Freddo improvviso


Pomeriggio d'autunno, bevo un caffè ed esco fuori il terrazzo di casa per accendermi una marlboro rossa (maledetto vizio). Osservo un po' il panorama, il cielo ed il mare sono scuri, mi perdo fissando il vuoto fatto di fumo, nuvole, vento e sfumature grigie, l'aria è proprio impregnata della classica malinconia di stagione. I flashback iniziano a viaggiare nella mia mente e così proprio come le foglie che cadono dagli alberi in questo periodo, i ricordi cadono dalle pareti del cuore finendo sui pavimenti dell'anima. Ora mi ritrovo davanti un tappeto di ricordi sul quale mio malgrado devo camminare, devo calpestarli uno dopo l'altro, stando attento a non sprofondare in qualche voragine ancora aperta e che credevo fosse chiusa. In fondo è quello il problema, a volte ci dimentichiamo dei vuoti causati dalle persone che abbiamo o che ci hanno lasciato andare via, o peggio ancora facciamo finta che siano stati già colmati, ingannando noi stessi per poi scoprire l'amara verità in malo modo. Un vuoto non colmato fa male, te lo porti dentro e senti che manca una parte di te, quando poi ti sei abituato alla sua presenza pare che sia tutto a posto, ma lui è lì che ti segue come un'ombra, attende pazientemente il momento in cui arrivano quei giorni nei quali senti un freddo improvviso dentro, che ti penetra nelle profondità dell'animo e ti strazia. Allora comprendi che non è cambiato niente, i demoni che credevi aver sconfitto sono ancora lì che si prendono gioco di te, mentre ballano nei tuoi vuoti e portano in trionfo le tue paure e le tue sconfitte tu stai cadendo per l'ennesima volta nel baratro. Un film già visto: quella persona se ne è andata ma dentro di te vive ancora, risali dal fondo costruendo barriere di indifferenza e cinismo sulle quali sai bene di non fare troppo affidamento, poiché incontrerai sempre qualcuno in grado di distruggerle colmando quel vuoto, proprio come aveva fatto chi l'aveva preceduta. Il vero problema, non è la perdita di una persona a cui teniamo, è il vuoto che ci lascia nell'animo ma il vuoto non fa poi così male, prima o poi si riempie.